Mi sono trasferita a Monte Isola per un periodo. Sto cercando di riprendermi dall’affaticamento abissale in cui sono ruzzolata da quando nella mia vita è capitato di tutto ed il suo contrario. Il lago è quasi sempre calmo. Complici centinaia di ulivi a farmi da protezione, mi sento difesa e coccolata dalla natura. Non faccio nulla di eclatante, trascorro la maggior parte del tempo a nuotare o poltrire. Passo con facilità dal letto al divano, dalla sedia a sdraio al prato, dalla piscina alla spiaggia, senza necessità di intrattenermi con nessuno. Avevo urgenza di questo oblio assoluto. Troppi doveri aggrappati al mio coraggio mi hanno devastata più del dovuto. Più di quanto avrei dovuto consentire a me stessa. Il vociare della gente mi urta. La loro curiosità. Tutte quelle parole…inutili, a tratti oscene. Fendenti tirati a caso, solo per l’esigenza egoistica di manifestare per forza, osare per necessità, rinfacciare per perfidia. La mia curiosità verso la specie umana si sta estinguendo, come la mia voglia di novità. Assaporo il limbo del fermo immagine e non sono mai stata così tranquilla. Vivo le cose come mi avvicinano. Senza aspettativa. Intanto, per quanto io possa andare in affanno, la realtà si snoda come da destino. In passato è stato facile fagocitarmi, afferrarmi, sbattermi psicologicamente fino a far di me un mattatoio. Oggi, in questa ricercata e scoperta chiusura, ho imparato a sopravvivere agli attacchi dei parassiti. La mia energia è preziosa, non tanto per il suo valore estrinseco, ma perché necessaria per gestire la mia sopravvivenza. Questo periodo storico mi riflette più vecchia di oltre quindici anni rispetto alla mia reale età anagrafica. Non credo siano gli ormoni, ma certamente ha preso piede la paura che, nell’età dell’incoscienza, non avevo mai sperimentato. A partire da mio padre, chiunque negli anni abbia avuto un trasporto di cuore nei miei riguardi è stato solito chiamarmi con un nomignolo: “Teti”. Secondo il vecchio poeta Omero, all’origine degli dei e all’origine di tutto: c’era Oceano. Egli era una divinità fluviale ed aveva una inesauribile potenza generatrice. Pensate che anche quando il mondo stava sotto il dominio di Zeus, egli solo poté restare al suo posto primitivo. Ad Oceano era legata la dea Teti, che giustamente veniva chiamata “madre”. Infatti, come avrebbe potuto essere Oceano l’origine di tutto, se nella sua persona vi fosse stato unicamente un flusso primordiale maschile e non anche una primordiale dea dell’acqua pronta a concepire? Quindi Oceano e Teti rappresentano, secondo Omero, l’origine del mondo. Con questa fantastica ed immaginaria visione mi perdo nella memoria di mio padre e mi rendo conto che di lui mi mancano soprattutto i silenzi. Erano pieni di tutto quello che avrebbe voluto dirmi, ma non ne era capace per riserbo. Oppure per un’innata forma di pudore. Egli era insuperabile nel regalare sorrisi. In questo siamo simili. Non c’è nulla di più incantevole di un sorriso spontaneo che sgorga senza alcuna esitazione. Nei silenzi di Monte Isola ritrovo la mancata voce di mio padre, tra i rami degli ulivi le sue mani sulla mia testa, nel sibilo del vento il suo mormorare:<<Vieni qui, Teti>>. Non me lo sono mai saputa spiegare da dove mi arriva tutta questa malinconia, profonda come gli antri segreti del lago che amo, densa e palpabile nei miei occhi. Ne sono intrisa: come il miele d’acacia sulle dita dei bambini. Vivo le cose senza tempo, in ogni tazza di camomilla, ogni lenzuolo appeso al sole, nelle mani che lavano i capelli a mia figlia, lo sento d’essere senza sequenze. Ho lasciato l’orologio in ufficio. Quello biologico è saltato. Dormo di giorno perché la notte è diventata una sposa bianca, densa di bagliori che non mi lasciano riposare e mi chiamano. Sono smagrita. Mangio quanto basta per un piccolo problema di stomaco che mi sta togliendo tutte le vivande che adoro. Ho ripreso a leggere. Avidamente. Cerco brani crudi, voglio farmi male. Ho bisogno di spostare il dolore che mi àncora al sottosuolo, lobotizzare quelle parti del mio cervello sensibilizzate dal danno. Non mi scandalizzo. Nulla mi impressiona più di tanto, salvo i cigni che salendo dal lago vengono a piluccare l’erba sul prato a mezzo metro dal mio sguardo. La loro madre mi fischia allargando le grandi ali, vuole farmi paura e ci riesce, ma io non le cedo il posto. Restiamo così, a sfidarci per un tempo dilatato, poi capisce di non aver possibilità. Si placa ed io con lei. Conviviamo. Finché non porta i piccoli al bordo di cemento e con un battito d’ali li invita a ritornare nelle acque verdi che incorniciano l’Isola. Questo è il mio vivere. Penso e non penso. Sto bene e sto male. Attendo di fretta. A tratti calma, nel mio gelo personale. Se penso all’amore fremo nel recondito. Potrebbe anche girarsi il cielo e le acque tramutarsi in terre emerse, ma se fremo, son sempre io. Lo sento. Impudica attraverso la mia nuova vita avvolta da lastre di vetro, ma nel cuore e tra le gambe il calore è sempre il medesimo: d’Africa Nera. Sono un essere vivente. Sopravvissuto. Caldo quando necessario. Teso. L’amore non ha limiti nemmeno in letti stretti. Guardo un volo di gabbiani attraversare il lago, un uomo baciare la sua donna, un bimbo succhiare latte dal capezzolo nero di sua madre. Avrai cura di me? Occhi negli occhi ti lascio andare. Come sono cambiata! Non vedevo i sogni danzare da un secolo. I miei fan baldoria da soli, mentre sulle onde del lago nascono fiori al passaggio dell’amore che mi porta via nel ricordo di te. Rimuginando… concedo vita ad una nuova alchimia. Silenzio. Sguardi. Acque. Ulivi e venti. Ricompongo pezzi. Fiducia. Precipitare. Rinascere. Temporali ed equilibri. Ho tutto ciò che mi occorre per ritornare a battere il tempo con le mani del cuore. Che belli i balconi rivestiti di bouganville. Le rive luccicanti. Le mani di mio padre nei sogni all’alba. Che bello il tuo sorriso semplice. Tornerò a casa meno fragile. L’ho promesso in silenzio innanzi alla statua della Madonna mentre fingevi di pregare ed io incorniciavo in un flash di memorie mai perdute le tue curiose espressioni. Non cercarmi tra la gente. Sono su quell’Isola in mezzo ad un lago che mi ha restituito la voglia d’innamorarmi, in cambio della promessa che sarei sempre andata dove mi avrebbe portato il cuore. E lui mi porta ancora, di nuovo, inesorabile verso te.
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